Semplicemente “il calcio”

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Per i millennial Diego Armando Maradona, El Pibe de Oro, col suo metro e 65 cm di statura, la faccia rotondetta, gli occhi vispi, e i capelli mossi e neri, era poco più che un idolo da “figurine Panini” – ma che ne sanno poi i millennial della raccolta di figurine, del “ce l’ho, mi manca” e degli scambi equi e solidali tra calciatori di rara reperibilità…

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Forse era semplicemente il vincitore di un Mondiale, quello di “Messico 1986”, con la maglia della sua Argentina, e di un primo scudetto storico con il Napoli, nella stagione 1986-87, e di un altrettanto storico bis, sempre in maglia azzurra partenopea, nel 1989-90.

Per me, invece, Maradona era semplicemente “il calcio”.

Avevo appena dodici anni quando ricordo quella semifinale mondiale Italia-Argentina, era il 3 luglio 1990. Quella sera El Pibe de Oro aveva infranto i nostri giovani sogni nelle “Notti Magiche” di Italia ’90. Lui, assieme ai compagni Caniggia e Olarticoechea, mettendo a rete il rigore decisivo. Ma, in fondo, era l’unico a cui l’avremmo perdonata, poi, quella rete.

Aveva appena varcato la soglia dei 60 anni Maradona, con una salute troppo precaria a causa di una vita vissuta al massimo, come nella canzone di Vasco. Una vita di eccessi, sempre con l’acceleratore premuto fino in fondo, tra la droga, l’alcol e gli aumenti di peso, gli entra ed esci da una clinica di ospedale, le tante operazioni chirurgiche, e i problemi col fisco, con le donne (cinque figli avuti da quattro donne diverse), e le amicizie storiche con Fidel Castro (muore lo stesso giorno del leader cubano, a distanza di quattro anni…) e le canzoni cantate tra quattro amici, lui, Pino Daniele e Ciro Ferrara, i trionfi in campo e i gol stratosferici (troppi per citarne soltanto alcuni) e le acclamazioni di popolo.

Ed è lo stesso popolo napoletano che in queste ore si sta riversando fuori, per le strade di San Gregorio Armeno e il rione Sanità, e tra tutti i vicoli più caratteristici della città – pur se nella nuova compostezza imposta dalla pandemia, un anomalo mix di mascherine e distanziamento sociale – per attaccare un pensiero, uno striscione, una sciarpa, un manifesto, una dedica, anche solo per tributare un saluto o donare un fiore simbolico, al suo figlio più amato. Un figlio argentino di nascita e morte, ma che a Napoli aveva trovato la sua vera casa.

“Buon viaggio Diego”. Anche noi, come Pelè, siamo certi che il tuo ricordo continuerà a correre sul campo di pallone degli sconfinati cieli.

 Giuliana Maria Amata

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